La storia

La museologia medica patavina ha radici molto antiche. Già presso l’Orto Botanico si era progettato alla fine del ‘500 un “museo” contenente “tutte le meraviglie della Natura”. Antonio Vallisneri (1661-1730), professore di Medicina a Padova dal 1700, raccolse una collezione di reperti di storia naturale, etnografici, anatomici e anatomo patologici che, alla sua morte, fu donata all’Università e costituì il nucleo originario dal quale derivarono diversi musei
universitari ottocenteschi.

La patologia, prima di Giovanni Battista Morgagni (1682-1771), si fondava sull’idea che il funzionamento del corpo umano fosse regolato da quattro umori – sangue, flemma, bile gialla e bile nera – dai quali dipendevano tutti i processi fisiologici e patologici. Le malattie erano una conseguenza dello squilibrio “umorale”. Con la dissezione anatomica si cominciarono ad osservare casualmente alterazioni organiche del corpo. Morgagni per la prima volta associò il sintomo del paziente in vita alle lesioni degli organi osservabili nel
cadavere. Studiando in modo sistematico le cause anatomiche delle malattie giunse a formulare una prima classificazione delle patologie. Morgagni fu anche il primo a Padova a cercare di creare un Museo Patologico adiacente al Teatro Anatomico di Palazzo Bo nel 1756, ma non riuscì a portarlo a termine.

Nel 1808 Francesco Luigi Fanzago (1764-1836), docente di Patologia e Medicina Legale, decise di istituire presso la sua abitazione un “Gabinetto patologico”, per dare “nuovi lumi ai cultori della medicina”, successivamente trasferito al Palazzo del Bo nel 1822. Grazie a Francesco Cortese (1802-1883), professore di Anatomia, il gabinetto patologico non solo aumentò il proprio posseduto con preparazioni eseguite dallo stesso medico, ma vide anche migliorati e ampliati i propri locali che si trovavano presso l’antico teatro anatomico cinquecentesco.

Bisognerà però aspettare l’arrivo a Padova di Lodovico Brunetti (1813-1899) perché avvenga il passaggio da gabinetto a museo. Brunetti, già assistente a Vienna del celebre patologo Karl von Rokitansky (1804-1878), fu chiamato a Padova nel 1855 a ricoprire la prima cattedra di Anatomia Patologica e da subito si adoperò per creare una raccolta di pezzi patologici da conservare in un museo per fini didattici. All’inizio degli anni ’60 dell’Ottocento Brunetti fondò il Museo di Anatomia Patologica, che continuò a essere arricchito con esemplari realizzati da Brunetti stesso mediante una nuova metodica chiamata tannizzazione. Questo sistema consisteva in quattro fasi: dissanguamento e sgrassamento dell’organo tramite perfusione in acqua, tannizzazione tramite iniezione di acido tannico attraverso i vasi sanguigni, e prosciugamento con aria calda compressa.

Negli anni il museo ha continuato ad accrescersi, in particolare grazie ai successori di Brunetti, cioè Augusto Bonome (1857-1922) e Giovanni Cagnetto (1874-1943): è a questi tre nomi che si deve gran parte della collezione. La sede attuale del museo prese forma dagli anni ’20 del Novecento, quando fu abbattuto l’ex convento di San Mattia dove aveva lavorato il Brunetti e venne costruito l’edificio che ancora oggi è la sede sia del museo sia dell’anatomia patologica come attività di ricerca, diagnostica e insegnamento. A partire dall’approvazione del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore (regio decreto del 31 agosto 1933, n. 1592), per arrivare al più recente regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), sono state definite severe limitazioni nel prelievo di parti anatomiche da cadaveri, che hanno di per sé diminuito sensibilmente la possibilità di conservare i reperti nei musei anatomici.

Oggi il Museo dell’Anatomia Umana “G. B. Morgagni” conserva ancora gli antichi preparati anatomici e patologici, divisi in due sezioni: Anatomia Patologica, ristrutturata nel 2018 e aperta al pubblico, e Anatomia Normale, in fase di studio e di allestimento per una futura riapertura al pubblico.